Quando piove: riflessioni sull’educazione e sulla paura
di Mario Saponaro
Nel territorio di Cisternino, come nel resto della provincia di Brindisi e di gran parte della Puglia, la giornata si è aperta con la pioggia.
Una pioggia lieve, ordinaria, nulla che potesse destare reale preoccupazione.
Eppure, da qualche tempo, ogni perturbazione sembra bastare a generare un clima di apprensione collettiva.




L’eco di un episodio tragico avvenuto due settimane fa a Ostuni — una fatalità che è costata la vita a una persona — ha lasciato un segno profondo nella memoria di molti. Da allora, la parola “allerta” è diventata sinonimo di pericolo, e la prudenza, spesso, ha assunto i contorni della paura.
Come di consueto, le istituzioni hanno seguito il protocollo: la Protezione Civile nazionale ha diffuso un bollettino, la Regione Puglia ha diramato l’allerta arancione, le Prefetture hanno invitato i sindaci a mantenere alta l’attenzione.
Molti amministratori, nel dubbio e nel timore di assumersi responsabilità, hanno scelto la via più rapida e rassicurante: la chiusura delle scuole.
A Cisternino, invece, il Comune ha solo e opportunamente attivato la Centrale Operativa Comunale, predisponendo le misure necessarie per affrontare eventuali criticità, ma senza ricorrere alla sospensione delle attività scolastiche. Una decisione che, in un contesto dominato dalla cautela, merita di essere osservata con attenzione.
Non tanto per la scelta in sé, quanto per ciò che essa rappresenta.
Perché, al di là dell’emergenza meteorologica, emerge una domanda più profonda, che riguarda tutti: quale modello educativo stiamo trasmettendo alle nuove generazioni?
Se ogni avversità, anche minima, viene aggirata anziché affrontata, cosa rimarrà della capacità di reagire, di adattarsi, di costruire resilienza?
Si rischia di crescere ragazzi che imparano a fermarsi prima ancora di provare, convinti che qualcuno — un’ordinanza, un’istituzione, un messaggio — possa sempre intervenire a proteggerli dal disagio.
Eppure, la crescita nasce proprio dal confronto con l’imprevisto.
Dal coraggio di uscire anche quando piove, di affrontare un’interrogazione difficile, di superare un conflitto.
Non ci sarà sempre un’ordinanza a sospendere la realtà.
La vita richiede presenza, non rinuncia.
La pioggia di oggi, leggera e quasi innocua, diventa così metafora di un tempo più ampio: quello di una società che teme di esporsi, che preferisce la sicurezza all’esperienza, la prevenzione al rischio, la chiusura al confronto.
Ma educare significa anche insegnare che il rischio, dosato e consapevole, fa parte del vivere.
Non si tratta di sottovalutare i pericoli, ma di restituire alle nuove generazioni la fiducia nella propria capacità di affrontarli.
Perché non sempre la prudenza coincide con la paura, e non sempre la protezione corrisponde all’educazione.
Forse la vera lezione di questa giornata piovosa è proprio questa:
che un po’ di pioggia può bagnare, ma non deve spaventare.
E che crescere significa imparare a camminare anche sotto le nuvole, sapendo che la vita, a volte, non si ferma per un temporale.
💭 Forse è da qui che dovremmo ripartire: dal coraggio di affrontare, non solo dal bisogno di proteggere.